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Il 17 aprile 1831 Henri-Marie Bayle, meglio conosciuto come Stendhal, fa il suo ingresso a Civitavecchia. Ha in tasca il brevetto di Console di Francia con sede in quella città, a quei tempi capoluogo di provincia. Ci resterà, pur tra pause e interruzioni per malattia, fino all'estate del 1841. In queste lettere a Clementina, dama romana, Stendhal mette insieme i momenti della sua vita "quotidiana" a Civitavecchia. S'è appena ripreso da un colpo apoplettico e dalla fatica dell'alto ufficio, ma non ha perso lo spirito d'osservazione e ama incondizionatamente l'Italia e i suoi abitanti. Ne dà conto all'amica raccontando la malattia che incombe, il suo interesse per l'archeologia e per la caccia, i piaceri della tavola e i dispiaceri d'amore. Un libro che è insieme biografia possibile e romanzo di invenzione, in cui Massimo Barone, calandosi nei panni di Stendhal, inventa una lingua che rende omaggio all'ironia, all'arguzia e alla sottile ferocia del grande scrittore.